L’attività di videosorveglianza è particolarmente invasiva. Per questo motivo il Garante per la Privacy ha fissato alcuni principi che devono essere sempre rispettati.
Liceità: La videosorveglianza deve avvenire nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali e di quanto prescritto da altre disposizioni di legge da osservare in caso di installazione di apparecchi audiovisivi.
Necessità: Evitare il superfluo , gli eccessi e le ridondanze..
Proporzionalità: gli impianti di videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre misure siano state valutate insufficienti o inattuabili dopo analisi . Vanno escluse aree o attività che non sono soggette a concreti pericoli. Altri interventi devono risultare inefficaci ( es: controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazioni agli ingressi)
La videosorveglianza è, quindi, lecita solo se è rispettato il principio di proporzionalità, sia nella scelta se e quali apparecchiature di ripresa installare, sia nelle varie fasi del trattamento.
Finalità: Le motivazioni devono essere determinate, esplicite e legittime.
Il titolare può perseguire solo finalità di sua pertinenza. I soggetti pubblici e privati non possono assumere quale scopo della videosorveglianza finalità di sicurezza pubblica, prevenzione o accertamento dei reati che invece competono solo ad organi giudiziari o di polizia giudiziaria oppure a Forze Armate o di Polizia.
In ogni caso, sono valide solo finalità determinate e trasparenti, ossia direttamente conoscibili attraverso adeguate comunicazioni e/o cartelli di avvertimento al pubblico (fatta salva l’eventuale attività di acquisizione di dati disposta da organi giudiziari o di polizia giudiziaria)
Le finalità così individuate devono essere correttamente riportate nell’informativa.
La videosorveglianza da parte di soggetti pubblici
Un soggetto pubblico può effettuare attività di videosorveglianza solo ed esclusivamente per svolgere funzioni istituzionali. Anche quando un’amministrazione è titolare di compiti in materia di pubblica sicurezza o prevenzione dei reati, per installare telecamere deve comunque ricorrere un'esigenza effettiva e proporzionata di prevenzione o repressione di pericoli concreti.
Non è quindi lecita, senza tale valutazione, una capillare videosorveglianza d’intere aree cittadine. Sono ammesse, nel rispetto di principi specifici, telecamere su alcuni mezzi di trasporto pubblici, nei luoghi di culto e sepoltura. Sono ingiustificati gli impianti installati al solo fine di controllare il divieto di fumare, di calpestare aiuole, di depositare sacchetti dell’immondizia, etc.
La videosorveglianza da parte di soggetti privati
Si possono installare telecamere senza il consenso degli interessati, sulla base delle prescrizioni indicate dal Garante, quando chi intende rilevare le immagini deve perseguire un interesse legittimo a fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, prevenzione incendi, sicurezza del lavoro, ecc..Le riprese di aree condominiali da parte di più proprietari o condomini, di studi professionali, società ed enti sono ammesse esclusivamente per preservare, da concrete situazioni di pericolo, la sicurezza di persone e la tutela dei beni.
L’installazione da parte di singoli condomini richiede comunque l’adozione di cautele: angolo visuale limitato ai soli spazi di propria pertinenza, nessuna ripresa di aree comuni o antistanti le abitazioni di altri condomini, ecc.. I videocitofoni sono ammessi per finalità identificative dei visitatori.
Durata dell’eventuale conservazione
L’eventuale conservazione temporanea dei dati deve essere commisurata al grado d’indispensabilità e per il solo tempo necessario - e predeterminato - a raggiungere la finalità perseguita.La conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell’autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria.
Solo in alcuni specifici casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell’attività svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni luoghi come le banche può risultare giustificata l’esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina), è ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati, che non può comunque superare la settimana.
L’informativa
Gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell’eventuale registrazione; ciò anche nei casi di eventi e in occasione di spettacoli pubblici (concerti, manifestazioni sportive) o di attività pubblicitarie (attraverso web cam).
L’informativa deve fornire gli elementi previsti dal Codice anche con formule sintetiche, ma chiare e senza ambiguità. Tuttavia il Garante ha individuato un modello semplificato di informativa "minima", riportato nel fac-simile visto sopra.
PICCOLO DECALOGO
Obblighi:
- Informativa ai lavoratori
- Nomina del responsabile alla gestione dei dati registrati
- Posizionare videocamere nelle zone a rischio evitando riprese unidirezionali dei lavoratori
- Affiggere cartelli visibili
o Scrivere se le immagini sono visualizzate o video registrate
o Scrivere il nome del titolare
o Scrivere la finalità
o Scrivere se collegati con le forze dell’ordine
o Il cartello non compilato ha nessun valore ( sanzione da 2400 a 36000 euro )
- Conservazione per massimo 24/48 ore ( altrimenti sanzioni da 12000 a 180000 euro )
- Formazione del personale addetto
- Predisporre misure di sicurezza idonee per garantire accesso al solo personale autorizzato
- Se riprendono dipendenti , accordo con RSU , RSA o autorizzazione da DTL
- Valutazione impatto in base al GDPR
Esclusioni :
- In base al Job Act sono esclusi pc , smartphone, tablet , rilevamento entrate/uscite
- Telecamere finte : siccome non rispondono ai principi sopra elencati si sconsiglia di posizionarle
- Telecamere finte : se esponete il cartello dichiarate il falso
Cosa considerare :
- La posizione
- Se l’area è privata
- Se vogliamo registrare o solo visualizzare
- I fini che indicano la presenza ( sul cartello : chi la fa e per cosa )
- Informativa breve per area coperta ( il cartello stesso )
- I soggetti incaricati e le modalità di accesso al sistema
- Acceso locale o da remoto ( la visualizzazione da app sullo smartphone non è considerata valida )
- La durata della conservazione delle immagini
- Autorizzazione da RSU RSA DTL
FAQ :
Posso installare all’interno della mia attività (bar, tabacchi, farmacia) un monitor rivolto verso l’utenza, così che tutti coloro che accedono al locale possano rendersi conto che l’area è videosorvegliata e che le telecamere sono realmente funzionanti?
No, non è possibile per due ragioni:
1) rivolgendo il monitor verso l’utenza, di fatto, si consente a chiunque di visualizzare le immagini acquisite tramite il sistema installato e ciò è in contrasto con l’obbligo, per il titolare del trattamento, di conferire apposita lettera di nomina ad incaricato alle persone fisiche che possono accedere ai dati trattati (cfr. art. 30 codice privacy), dovendosi peraltro ricordare che – come precisato al punto 3.3.2 del provvedimento del Garante privacy 8 aprile 2010 sulla videosorveglianza – si deve procedere alla designazione di un numero limitato di soggetti e che la visione delle immagini deve essere consentita solo se indispensabile per gli scopi perseguiti;
2) l’obiettivo di informare chi entra nell’ambiente videosorvegliato della presenza di una o più telecamere, anche per disincentivare eventuali malintenzionati dal compimento di fatti illeciti, si può raggiungere con la gestione dell’apposito cartello (informativa breve), da collocare prima del raggio d’azione della telecamera.
Posso installare telecamere finte?
La telecamera finta non consente di acquisire immagini.
Di fatto cioè l’utilizzo di una telecamera finta non comporta un “trattamento di dati personali”, in presenza del quale occorre osservare la normativa in materia di privacy.
Ciononostante non può comunque ammettersi l’utilizzo di telecamere finte perché le stesse potrebbero generare un affidamento incolpevole da parte chi si trova nelle aree apparentemente videosorvegliate, con possibili conseguenze di responsabilità in capo al soggetto che abbia deciso di installarle.
In seguito alla riforma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, l’installazione, per fini di sicurezza, di un sistema di videosorveglianza all’interno di un’impresa o attività commerciale in cui sono presenti dei lavoratori, deve farsi ancora precedere da accordo con i sindacati o da autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro?
Sì, anche in seguito alla modifica dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, rimane l’obbligo di raggiungere l’accordo con i sindacati o, in mancanza, di ottenere autorizzazione dalla Direzione territoriale del lavoro prima di procedere con l’installazione del sistema di videosorveglianza.
Le imprese che hanno più unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni sono però adesso più agevolate nelle procedure da svolgersi prima di installare il sistema, potendo adesso stipulare l’accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, in mancanza, rivolgersi non più alle singole DTL competenti per le singole unità operative, ma chiedere l’autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Chi decide di installare una telecamera all’interno della propria abitazione deve rispettare la normativa privacy (apporre cartello, gestire un’informativa completa …)?
No, se un privato utilizza un sistema di videosorveglianza all’interno della propria abitazione e non diffonde o comunica sistematicamente le immagini acquisite, non sarà tenuto ad osservare gli obblighi imposti dalla normativa privacy, ad eccezione del profilo della sicurezza (cfr. art. 5 comma 3 codice privacy).
Come indicato però dal Garante Privacy nel suo provvedimento 8 aprile 2010 sulla videosorveglianza (cfr. punto 6.1.), “benché non trovi applicazione la disciplina del Codice privacy […] l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione) escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) ovvero ad ambiti antistanti l’abitazione di altri condomini”.
VIDEOSORVEGLIANZA E TELECAMERE SUL POSTO DI LAVORO: REGOLE E NORMATIVA
Sempre più spesso capita che, per motivi di sicurezza, le aziende sentano la necessità di installare telecamere di sorveglianzache inquadrino determinate aree della struttura. Lo scopo è quello di mettere in essere un deterrente per poter prevenire furti, violazioni e intrusioni: in poche parole videosorveglianza per ragioni di sicurezza.
Capita, poi, che in alcuni casi l’amministratore o il datore di lavoro ceda alla tentazione di sfruttare le telecamere sul posto di lavoro per controllare i propri dipendenti in segreto, magari per valutare la loro produttività lavorativa. Molti però non sanno che utilizzare le telecamere di sorveglianza per controllare il personale va contro la normativa vigente. Infatti, la Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) vieta all’art. 4 l’uso di impianti audiovisivi e altre apparecchiature atte al controllo a distanza del personale dipendente. E anche la normativa sulla privacy (D.Lgs n.196/2003) richiama in toto la disciplina posta dall’art. 4 dello Statuto.
COME PUÒ, QUINDI, UN TITOLARE INSTALLARE UN SISTEMA DI VIDEOSORVEGLIANZA NEL TOTALE RISPETTO DELLA PRIVACY DEI PROPRI LAVORATORI E SENZA RISCHIARE DI INCORRERE IN ACCUSE E SANZIONI?
Un’azienda che vuole installare telecamere di sorveglianza sul posto di lavoro, prima di mettere in funzione l’impianto, deve:
Informare i lavoratori interessati fornendo un’informativa privacy;
Nominare un responsabile alla gestione dei dati registrati;
Posizionare le telecamere nelle zone a rischio evitando di riprendere in maniera unidirezionale i lavoratori;
Affiggere dei cartelli visibili che informino i dipendenti ed eventuali clienti, ospiti o visitatori della presenza dell’impianto di videosorveglianza;
Conservare le immagini per un tempo massimo di 24-48 ore;
Formare il personale addetto alla videosorveglianza;
Predisporre le misure minime di sicurezza;
Predisporre misure idonee di sicurezza atte a garantire l’accesso alle immagini solo al personale autorizzato;
Nel caso in cui le videocamere riprendano uno o più dipendenti mentre lavorano (è escluso il caso in cui sono ripresi mentre entrano o escono dal luogo di lavoro) si deve procedere ad un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, con la DPL (Direzione Provinciale del Lavoro) e ottenere l’autorizzazione all’installazione dei dispositivi elettronici di controllo a distanza.
Liceità, ossia il principio in base a cui possono essere utilizzate le immagini raccolte laddove necessarie per rispondere a un obbligo di legge oppure per tutelare un interesse legittimo;
Necessità, in base a cui deve esserci un motivo sufficiente ed evidente che giustifichi l’utilizzo di videocamere di sorveglianza;
Proporzionalità, che garantisce che l’installazione delle telecamere avvenga laddove ritenuta una misura proporzionata agli scopi prefissi;
Finalità, per cui gli scopi perseguiti mediante l’installazione di videocamere devono essere determinati, espliciti e legittimi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4331, ha ribadito che l’installazione di una telecamera sul posto di lavoro diretta verso il luogo in cui i propri dipendenti svolgono le proprie mansioni o su spazi dove essi hanno accesso anche sporadicamente deve essere preventivamente autorizzata dall’Ispettorato dal Lavoro o deve essere autorizzata da un particolare accordo con i sindacati. La mancanza di queste premesse, comporta la responsabilità penale del datore di lavoro.
Le telecamere possono quindi essere montate e installate solo dopo la ricezione dell’autorizzazione: la presenza dell’impianto di videosorveglianza, per quanto spento, necessita di previa approvazione. Questo rigido sistema nasce per tutelare la riservatezza dei lavoratori e per evitarne la violazione della privacy.
Non rispettare le procedure previste dal Codice in materia di protezione dei dati personali, installare i sistemi con fini non leciti e trattare i dati dei propri dipendenti in modo da violarne l’integrità e la privacy è rischioso e le sanzioni previste possono essere particolarmente salate.
Ad essere lesa da un eventuale caso di violazione della privacy sarebbe inoltre anche la reputazione aziendale.
JOBS ACT E VIDEOSORVEGLIANZA
Molti, interpretando in modo errato il testo di legge, pensano che il Jobs Act abbia eliminato questo tipo di obbligo. In realtà, il Jobs Act da un lato sottolinea l’importanza di ottenere un accordo sindacale preventivo nel caso in cui vengano utilizzati strumenti di controllo “pericolosi”, dall’altro si adegua all’evoluzione tecnologica che è ormai entrata a far parte delle nostre vite a livello quotidiano, escludendo dalla lista degli strumenti che necessitano di accordo dispositivi come pc, smartphone, tablet e rilevatori di entrata e di uscita.
Il Jobs Act conferma comunque un principio imprescindibile: l’uso di impianti audiovisivi a fini di controllo dei lavoratori NON è consentito. Gli strumenti di controllo a distanza infatti non servono per avere sempre un terzo occhio aperto sui dipendenti, ma devono avere finalità ben precise, come la tutela dei beni aziendali, la sicurezza del lavoro o specifiche esigenze lavorative.
L’autorizzazione all’utilizzo di videocamere di sorveglianza e apparecchi di controllo deve essere fornita dalle rappresentanze sindacali unitarie o aziendali.
Qualora l’accordo con queste ultime non possa essere raggiunto, la legge prevede che la direzione territoriale del lavoro possa intervenire rilasciando direttamente l’autorizzazione. Gli strumenti che invece servono al dipendente per svolgere l’attività lavorativa (smartphone, tablet, …) sono esenti da autorizzazione e possono essere installati saltando questo tipo di procedura.
I dati raccolti in modo regolare mediante strumenti di controllo a distanza possono essere utilizzati a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro e quindi anche a fini disciplinari.
Va da sé che ai lavoratori debba essere fornita completa informativa circa l’esistenza di tali strumenti e la modalità di utilizzo.
TELECAMERE DI SORVEGLIANZA OVUNQUE?
Le telecamere non possono essere installate in ogni ambiente aziendale. In più provvedimenti il Garante si è espresso contro l’utilizzo delle videocamere in ambienti delicati come spogliatoi, bagni o similari.
Ad esempio, sono ben 105 mila euroquelli che i titolari di un’azienda di Pistoia dovranno dare a quattro ex lavoratrici dopo averle spiate con una telecamera direzionata sulle toilette. Il figlio dei titolari dell’azienda, infatti, aveva installato una telecamera nascosta in un soppalco, riprendendo i water della toilette, per controllare le 4 dipendenti anche nei loro momenti più intimi.
TELECAMERE FINTE?
C’è, inoltre, chi pensa che, per evitare noie burocratiche, sia possibile installare delle semplici telecamere finte, ottenendo l’effetto di deterrenza senza dover seguire alcun iter burocratico.
Quante volte ci capita di entrare in un negozio, in un parcheggio, in un centro commerciale o in un palazzo e di trovare una videocamera di sorveglianza che ci sorveglia monitorando i nostri spostamenti?
E in quante di queste occasioni la videocamera era un giocattolo astutamente posizionato con l’unico scopo di intimidire eventuali malintenzionati?
In effetti, può sembrare una soluzione economica e vantaggiosa: spendo poco per la videocamera giocattolo, non ho bisogno di un installatore, non devo chiedere permessi e autorizzazioni e spavento chi vuole danneggiarmi prima ancora che lo faccia. In realtà non è esattamente così che funziona.
Infatti, installare una videocamera finta a scopo di deterrenza è vietato e ha una serie di controindicazioni che spesso non vengono considerate ma che possono ritorcersi contro il proprietario, nonostante le migliori intenzioni.
MA PERCHÉ NON È POSSIBILE UTILIZZARE UNA TELECAMERA GIOCATTOLO PER INTIMORIRE I LADRI?
Tutto dipende dal fatto che la legge dedicata alla videosorveglianza si basa su quattro principi solidi e irremovibili, che giustificano l’utilizzo di riprese del personale e dei clienti laddove questo sia necessario e nel rispetto di particolari condizioni.
Parliamo pur sempre di una situazione al limite tra tutela della sicurezza e violazione della privacy, i cui confini sono davvero molto sottili e per cui è necessario trovare un equilibrio che consenta di proteggere cose e persone senza ledere la libertà di nessuno.
I PRINCIPI PREVISTI DAL PROVVEDIMENTO DEL 29 APRILE 2004 SONO:
Insomma: le telecamere di sorveglianza possono essere installate laddove sia necessario per aumentare la sicurezza di un negozio, ufficio, stabile, cortile, ecc. e nel caso in cui dipendenti, clienti e passanti siano informati della loro presenza mediante informativa e apposita segnaletica. L’installazione di videocamere fasulle, invece, non risponde ai principi sopra citati perché se è finta allora significa che non sono presenti le condizioni per cui la videosorveglianza sia necessaria per ragioni di sicurezza e, di conseguenza, è superfluo e inutile installarla. Inoltre, accanto alle videocamere di sorveglianza finte, mancherebbe comunque la segnaletica obbligatoria per legge e apporla significherebbe dichiarare il falso. Qualora nell’ipotetico raggio di azione della telecamera avvenisse un crimine non sarebbero presenti riprese dell’evento, creando diversi problemi di responsabilità concorrente.
ALLORA METTO TELECAMERE NASCOSTE!
Altra soluzione cui si tende a pensare è mettere telecamere nascoste (telecamere spia) per sorprendere eventuali comportamenti scorretti di clienti, dipendenti o altri.
Se è vero che è possibile installare le videocamere in un negozio con lo scopo di tutelarne i beni e il personale, per evitare furti, rapine e ogni genere di attacco, tuttavia non è possibile farlo di nascosto, come molti vorrebbero.
La telecamera “a sorpresa” infatti non è consentita, così come non lo è quella finta. La sentenza numero 17440 chiarisce che l’immagine di un individuo dev’essere considerata un dato personale.
Per poter installare una videocamera di sorveglianza, come sottolinea il Garante Privacy, è necessario avvisare i soggetti inquadrati, ad esempio affiggendo la segnaletica dedicata, così che tutti coloro di cui vengono raccolte le immagini ne siano informati e coscienti.
La sentenza è giunta dopo il ricorso presentato proprio dall’Autorità Privacy in seguito all’annullamento di una sanzione a carico del titolare di una torrefazione.
In questo caso, il titolare aveva installato una telecamera collegata ad un monitor con lo scopo di controllare chi entrava nel proprio negozio al piano terra anche mentre si trovava al piano di sopra.
La videocamera però non era segnalata e proprio in questo sta l’errore commesso dal negoziante.
Anche se la telecamera non registra le immagini oppure se la qualità delle immagini raccolte non consente il riconoscimento immediato dei volti non importa: parliamo comunque del trattamento di un dato personale.
Nello specifico caso, la Corte sottolinea che laddove sia impossibile informare oralmente ogni persona che entra nel raggio inquadrato dalla telecamera, è sufficiente utilizzare un cartello, ossia l’informativa “minima” prevista.
Tale cartello però non può essere nascosto o di difficile lettura: formato e posizione devono essere visibili e il contenuto di immediata comprensione, ecco perché un simbolo risulta efficace (e non necessita di traduzioni!).
Nell’informare il cliente ripreso è inoltre necessario esplicitare se si tratta di una registrazione delle immagini raccolte o se vengono solamente visionate.